L’inverno marchigiano tarda ad arrivare. La stagione sciistica 2022-2023 si è aperta infatti ufficialmente lo scorso 8 dicembre, ma le temperature sono sopra la media ovunque e la neve ancora non si è fatta vedere. Ecco perché gli impianti sciistici sono rimasti chiusi, e il panorama che si vede recandosi nelle aree interne è quello di grandi campi verdi, laddove avrebbe dovuto esserci la neve. Un vero e proprio dramma per gli operatori del settore sciistico, che già hanno dovuto fare i conti nell’ultimo periodo con le chiusure causate dalla pandemia.
Situazione Bolognola e Frontignano
A fare un quadro abbastanza chiaro della situazione ci pensa Francesco Cangiotti, amministratore di Funivie Bolognolaski che gestisce gli impianti di Pintura di Bolognola e di Frontignano di Ussita, le seggiovie Saliere e i rifugi Saliere in una dichiarazione all’Ansa: “L’anno scorso che eravamo costretti a restare chiusi sulle piste c’erano due metri di neve, una stagione bellissima, adesso invece che possiamo stare aperti la neve non c’è”.
Prosegue Cangiotti soffermandosi poi sull’aspetto delle perdite economiche, che sembra essere quello di maggior impatto sugli operatori: “Già così stiamo perdendo un 40-50% sull’incasso della stagione natalizia – spiega – un periodo per noi importante. Se anche il mese di gennaio dovesse concludersi senza la possibilità di poter riaprire gli impianti per la mancanza della neve, valutiamo di chiedere lo stato d’emergenza”.
L’unico impianto che risulta aperto al momento è la seggiovia di Frontignano, operativa tutti i giorni fino al prossimo 8 gennaio quando sarà poi aperta solo nel corso dei weekend. prosegue ancora Cangiotti: “Gli impianti hanno sostenuto costi importanti per preparare la stagione sciistica, tra assunzioni di personale e assicurazioni. Inoltre le temperature sopra le medie non consentono neanche l’innevamento”.
Per quanto riguarda le strutture da lui gestite, tra impianti e rifugi le persone che sono assunte sono una ventina. Oltre a questi costi sono da considerare anche quelli dell’energia elettrica, che sono alti di per sé nel momento in cui sono in funzione gli impianti e i rifugi e che ha subito i rincari di cui tutti siamo a conoscenza. le strutture sono infatti riscaldate in parte con legna e in parte con elettricità e geotermia.
Ma la situazione di anomalia nelle temperature non è una situazione che riguarda solo le Marche, ma un po’ tutto l’Appennino, dall’Abetone fino ad arrivare al Gran Sasso. Cangiotti quindi detta la linea: “Come categoria stiamo pensando, se la situazione dovesse proseguire così, di chiedere interventi da parte del Governo, come successo con il Covid, per limitare le perdite del nostro settore. A fine stagione valuteremo lo stato d’emergenza. Fortunatamente nella sfortuna le perdite collegate alla mancanza di neve sono state un po’ compensate dalle presenze nei rifugi e nei ristoranti che hanno lavorato bene. Segno che c’è voglia di venire in montagna e stare all’aria aperta per fare attività outdoor, ma questo non basta”.
In questo periodo dell’anno le temperature sono costantemente, e per tutto l’arco della giornata, sopra lo zero termico. Ciò non consente di attivare gli impianti di innevamento programmato, nonostante alcuni imprenditori, come lo stesso Cangiotti, abbiano acquistato nuovi cannoni sparaneve.
La richiesta di aiuti a cui fa riferimento Cangiotti sarà eventualmente inoltrata al Governo attraverso Federfuni, visto che come detto la problematica è generalizzata a tutto l’Appennino. Ci sarà quindi la richiesta di un contributo per coprire i danni subiti dalla mancanza di neve. In ballo ci sono infatti perdite elevate e quindi sarà necessario, forse, procedere con i ristori come nel periodo del Covid.
Situazione Sarnano (Sassotetto e Santa Maria Maddalena)
Anche Mario Nannerini, responsabile tecnico e della sicurezza negli impianti di risalita di Sassotetto e Santa Maria Maddalena, entrambi nel territorio di Sarnano: “Anche noi siamo iscritti a Federfuni e sottoscriviamo quello che sarà proposto. I danni sono ingenti a fronte di zero giorni di apertura. La passione per i Sibillini spinge comunque la gente a raggiungere baite e rifugi. Ma anche queste strutture, se ci fosse stata la neve, avrebbero avuto maggiore affluenza”.