La Regione Emilia-Romagna ha stanziato quasi 7,4 milioni di euro, 3,5 dei quali derivanti dal Funt (Fondo unico nazionale del turismo), per supportare 15 progetti nelle aree montane di Rimini , Forlì-Cesena, Bologna, Modena, Reggio Emilia e Piacenza.
A Bologna, si pianificano lavori sulla funivia che collega il Corno Alle Scale al lago Scaffaiolo e un aggiornamento della seggiovia Pian Pattane-Rocce. Forlì-Cesena vedrà la rinnovazione della sciovia Fangacci e un intervento sull’impianto elettrico del Monte Fumaiolo. Nel modenese, le iniziative includono la sostituzione di una seggiovia al Cimoncino, il rifacimento della funivia Stellaro-Rovinella, l’espansione dell’innesto artificiale a S. Geminiano, l’installazione di una nuova cabina elettrica a Sant’Anna Pelago, e diverse misure per la sicurezza nelle stazioni del Cimone, tra cui Piane di Mocogno.
Nel territorio reggiano, si finanzierà la riapertura del Palaghiaccio di Cerreto Laghi e l’upgrade delle stazioni di Ventasso Laghi e Schia. A Piacenza, è prevista una revisione della sciovia a Passo Penice, mentre a Rimini si concentreranno sulla seggiovia Cella a Montecopiolo.
Questo è quanto dichiarato dall’Assessore al turismo, Andrea Corsini: “Con questi interventi, vogliamo contribuire a dare un futuro alla montagna, rendendola da un lato più attrattiva per i turisti, riqualificando le strutture anche in termini di sicurezza e ampliando i servizi presenti, e dall’altro più sostenibile e vivibile, per chi ha scelto di abitare qui e lavorarci. È necessario ragionare in un’ottica di sviluppo complessivo delle zone montane, che tenga conto non solo della vocazione sciistica ma anche di quella naturalistica di questi luoghi, favorendo lo sviluppo di itinerari per l’escursionismo, degli sport all’aria aperta e più in generale dell’outdoor. L’obiettivo è quello di allungare i periodi di arrivi e presenze, favorendo la destagionalizzazione, potenziando e rendendo strutturale la crescita economica legata al turismo di questi territori. Un fattore determinante per mantenere le attività lavorative in loco e non aumentare il rischio di spopolamento della montagna”.
