La recente rivelazione di un documento potrebbe cambiare la nostra comprensione su dove e come Dante Alighieri iniziò a scrivere la sua magnum opus, la “Divina Commedia”. Questa scoperta è stata fatta nota dai ricercatori Rita Monaldi e Francesco Sorti, i quali hanno esplorato a fondo la vita del poeta nella loro trilogia, “Dante di Shakespeare”.
Il documento rivelatore
“Finora – dicono Monaldi e Sorti all’ANSA – avevamo diversi documenti che nominano esplicitamente Dante. Ma molti sono copie realizzate più tardi, anche dopo secoli. Erano solo 15 gli originali medievali che nominano Dante prima dell’esilio. Ora diventano 16”. Tra questi documenti, uno in particolare cattura l’attenzione: un registro di lettere risalenti al biennio 1299-1300, trovato nell’archivio del Comune di San Ginesio, Macerata. “Era capitato oltre mezzo secolo fa sotto gli occhi di un francescano – continuano gli studiosi – al quale parve così incredibile che lo accantonò come un caso di omonimia. Ora la digitalizzazione di archivi ha permesso di fare i riscontri necessari e confermare che il Dante nominato nelle carte è davvero il poeta”.
“Il documento – spiegano – è un registro di lettere in cui il poeta fiorentino figura come latore di corrispondenza giudiziaria nell’aprile 1300”, “proprio nei giorni in cui l’Alighieri nella Commedia ambienta il suo viaggio nell’aldilà”.
Implicazioni storiche e culturali
Questo ritrovamento non solo suggerisce che Dante potrebbe aver trovato ispirazione per la sua “selva oscura” nei paesaggi selvaggi e mistici dei Monti Sibillini, ma anche che la sua presenza in quella regione era legata a compiti ufficiali piuttosto che a una fuga letteraria. Il documento è descritto come “rarissimo anche a prescindere da Dante, perché nelle Marche prima le guerre tra Guelfi e Ghibellini e poi le orde dei Capitani di ventura hanno fatto strage, tanto che molti fondi archivistici (o perfino interi archivi) hanno solo atti dal Quattrocento in poi, dopo le distruzioni”.