In seguito alla morte dell’orsa Amarena, la Procura di Avezzano ha istituito un procedimento giuridico nei confronti di un uomo di 56 anni, che ha dichiarato di aver fatto fuoco “per timore” e in quanto l’orsa “aveva causato la morte delle sue galline”. Quali sono le potenziali conseguenze per il 56enne? Come riportato da Il Messaggero, c’è la possibilità che la situazione possa essere risolta con il pagamento di alcune migliaia di euro. Ecco i dettagli.
Possibili scenari giuridici/legali – Oltre all’articolo 544 bis – “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”, tuttavia la pena massima raramente viene imposta in quanto la gran parte degli accusati non ha precedenti. Un’alternativa giuridica potrebbe essere, secondo quanto affermato da Dante Caserta, vicepresidente e responsabile legale del WWF Italia, e citato da Il Messaggero, l’invocazione dell’articolo 30 della Legge 157 che riguarda la protezione della fauna selvatica e le regole della caccia: “Arresto da tre mesi ad un anno e l’ammenda da lire 2.000.000 a lire 12.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso, stambecco, camoscio d’Abruzzo, muflone sardo”.
In tale situazione, la persona condannata ha la possibilità di optare per l’oblazione, pagando così il 50% del massimo della sanzione prevista per far cadere l’accusa.
Il Caso Precedente – Il Messaggero fa riferimento a un episodio simile avvenuto nel settembre 2014 a Pettorano sul Gizio (L’Aquila). In quell’occasione, un individuo di 67 anni aveva abbattuto un orso che aveva invaso il suo pollaio, dichiarando anch’egli di aver agito per timore. L’uomo era stato inizialmente assolto in primo grado, ma in appello era stato giudicato responsabile “sotto il profilo civile dei reati attribuitigli” e obbligato a indennizzare diversi enti come la Lav-Lega Anti Vivisezione, Pro Natura Abruzzo, WWF, Salviamo l’Orso e Pnalm. La somma del risarcimento sarebbe stata determinata separatamente, ma era stata concessa una provvisionale di 3.000 euro a favore di Pro Natura e Pnalm. Questo verdetto era stato poi confermato dalla Corte di Cassazione. In aggiunta, l’uomo aveva dovuto coprire anche i costi legali di primo e secondo grado.