14 ore nell’ovovia

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    “Io, prigioniero 14 ore nell’ovovia”

    Bolzano, sospeso tutta la notte al gelo a 200 metri di altezza: ho camminato, pregato e fumato

    FRANZ GIORDANO

    BOLZANO

    Mi muovevo, saltavo, cercavo di non stare mai fermo». Dalle sei del pomeriggio alle otto di mattina del giorno seguente, Ezio Ongaro, cameriere veneziano di 57 anni, ha continuato a camminare chiuso nella cabina 23 dell’ovovia Monte Seuc, che collega Ortisei all’Alpe di Siusi, località turistica dell’Alto Adige. Avanti e indietro in quei pochi metri quadrati per combattere il freddo a quota 1900 metri.

    Una prova fisica e mentale che questo uomo mite e riservato ha dovuto affrontare per una serie di coincidenze sfortunate. Ongaro è salito da solo sulla cabinovia qualche minuto prima delle sei. Stava tornando allo Sporthotel Sonne di Siusi, dove lavora, quando l’impianto ha iniziato a rallentare fino a fermarsi. Definitivamente. I responsabili della stazione a valle non lo hanno visto entrare, e alla fine del turno hanno spento le macchine.

    «Forse è salito mentre i dipendenti facevano le pulizie – dice Werner Kostner, presidente della società funiviaria Monte Seuc -. Mi sembra davvero strano che nessuno lo abbia notato, anche perché il personale chiude ogni singola cabina. Secondo me la legge di Murphy (se qualcosa può andare male, lo farà ndr) ha colpito con tutte le sue variabili, creando questa situazione spiacevole». «Ho timbrato lo skipass alle 17,57 – racconta il protagonista della disavventura -. Nessuno ha fatto i controlli necessari prima della chiusura, un errore grave».

    Lassù, sospeso nel vuoto a 200 metri da terra, Ongaro è riuscito a mantenere il sangue freddo. Non si è scoraggiato neppure quando ha messo fuori uso il cellulare. «Voleva telefonarmi, ma non si ricordava più il codice Pin che tiene qui a casa – racconta da Bibione la moglie Luciana -. Ha fatto tre tentativi sbagliati e alla fine non è riuscito più ad accendere il telefonino».

    Questo secondo colpo di sfortuna non gli ha permesso di lanciare l’allarme. Allora ha tentato di chiedere aiuto attraverso l’altoparlante installato nella cabina. Niente da fare, dato che l’apparecchio permette solo di ricevere le chiamate. «Non potevo fare nient’altro che camminare per sconfiggere il freddo – racconta -. Ogni tanto mi accendevo una sigaretta. Poi ho pregato, perché sono un uomo molto religioso. Alla mia età ho affrontato diverse sventure, quindi sono riuscito a mantenere la calma. Nel ‘76 sono anche andato in Friuli per dare una mano dopo il terremoto. Lì è stata davvero dura». Ginnastica, sigarette e preghiere.

    La notte al freddo l’ha superata così. La disavventura si è conclusa alle otto di martedì mattina, quando il personale dell’ovovia ha azionato nuovamente l’impianto. A salvarlo dall’ipotermia è stata anche una coincidenza fortunata. L’unica. Al contrario della scorsa settimana, infatti, in questi primi giorni dell’anno in montagna le temperature minime sono di poco inferiori allo zero. La notte tra lunedì e martedì il termometro segnava meno cinque. Infreddolito ma in buona salute, Ongaro è andato direttamente al lavoro. «All’inizio non ho detto niente a nessuno» dice.

    «Ezio è una persona molto tranquilla, non voleva neppure fare la denuncia – aggiunge la moglie – . Lo ha convinto il suo capo». E così, dopo aver parlato con il direttore dello Sporthotel Sonne, mercoledì Ongaro si è presentato alla caserma dei carabinieri di Castelrotto e ha denunciato per interruzione di pubblico servizio i due impiantisti di turno. «Ho fatto la cosa giusta. Sono un uomo forte, ma se al mio posto ci fosse stato un passeggero che soffre di claustrofobia o malato questa storia sarebbe finita molto peggio».

    http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/383593/

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